Le montagne del Matese

Monte Gallinola e monte Miletto
Un anello lungo e con notevole dislivello complessivo su montagne facili e semplici come le disegnerebbe un bambino. Il versante ricco di doline e fioriture del Gallinola è una sorpresa entusiasmante, le bella cresta del monte Crocetta un balcone sul lago del Matese, il Miletto un'alta piramide da superare. E poi i panorami fino alle isole dell'arcipelago campano e al Vesuvio. Superlativa giornata.


Meravigliosa giornata sui monti del Matese, un superbo anello su e giù per le tante gobbe carbonatiche di queste montagne al confine tra Molise e Campania, tra prati verdissimi, fioriture colorate di mille colori, orapi come non ci fosse un domani e orizzonti nuovi, vastissimi, fino al Vesuvio e alle isole dell’arcipelago campano ad Ovest e fino alle montagne del parco d’Abruzzo e alle Mainarde a Nord. Abbiamo tutta la giornata davanti e ce la pendiamo comoda, il percorso per quanto lungo non è di quelli che non finiscono mai, saliamo a Campitello Matese da San Massimo dove pernottiamo, la giornata non è calda, spira un vento teso e fresco ed il cielo è leggermente velato, per essere fine maggio non è esattamente ciò che ci aspettavamo ma forse è un bene, ci aiuterà a non affaticarci troppo. Parcheggiamo nella piazzola di fronte agli impianti da sci, inutile dire che Campitello è deserta; entriamo nella piana da poco prosciugata, in qualche tratto sembra ancora acquitrinosa, e la percorriamo per la sua lunghezza in direzione monte Gallinola che si erge sul fondo con le sue belle linee, rocciose e verticali sul versante Nord Est, erbose, “dolinose” meno ripide e molto movimentate tipiche delle montagne calcaree nel versante Ovest. In fondo alla piana incrociamo una carrareccia che seguiamo verso destra, scorriamo accanto al laghetto serbatoio degli impianti da sci e prendiamo a salire, poca è la pendenza e sbuchiamo su un’altra piccola piana erbosa dove sorge uno stazzo, dalle dorsali a destra arriva un chiassoso ruscello, spicca un ponticello in legno che richiama immagini vagamente dolomitiche. Attraversiamo la piana erbosa e studiamo il versante che da li a poco prende a salire con maggiore decisione, è ora di scegliere le linee giuste, non abbiamo a disposizione una carta e non possiamo che affidarci alla nostra esperienza; puntiamo un fosso in fondo alla piana sulla sinistra, lo saliamo sul lato destro scoperto da vegetazione fino ad incrociare la stradina interna che vedevamo già dalla piana, la superiamo e la ritroviamo più in alto prima di prendere una valle interna che sale decisa tra due marcate dorsali; sarebbe dura salire diretti su quella di sinistra, quella principale che segue più o meno il profilo della montagna. Superata una sella iniziano le tante doline erbose di cui è pieno il Gallinola, fresche ed erbose, piccole conche che sembrano sporgersi verso altri ambienti e finiscono solo per riproporne di simili. Intercettiamo e perdiamo più volte il sentiero, meglio dire una timida traccia contrassegnata da rade bandierine bianco rosse, seguiamo costantemente una linea diagonale per attenuare la linea di salita che si fa sempre più verticale; roccette ed erba, praterie e fioriture di viole con gli orizzonti che si vanno aprendo verso le valli campane. Per lo più seguiamo linee nostre, a balzi saliamo di quota e ritroviamo le bandierine della traccia al culmine della dorsale da dove la vetta verso Sud sembra essere cosa fatta. Ad Est è una distesa continua di doline e piccole dorsali rocciose, degradano lentamente verso la non lontana strada provinciale 106. Lingue di neve lambiscono la dorsale ma non arrivano mai al culmine dove si allunga il sentiero; ma è ad Ovest che si spalancano i panorami più belli, il lago del Matese, nella sua immobilità, segue il profilo della montagna ed è davvero un gran bel contrasto per la notevole vicinanza e il notevole sbalzo di dislivello. Un grosso omino che sicuramente stando ai paletti tutt’intorno sosteneva una croce, anticipa da lontano il punto più alto, dopo aver a lungo camminato sul confine tra Molise e Campania arriviamo in vetta alla montagna più alta di questa seconda regione, 1923m.(+1,55ore) ed è una bella soddisfazione; il Miletto che ci ha tenuto sempre compagnia verso Nord sembra ora davvero lontano. Ci fermiamo sotto la vetta, al riparo dal vento, per una buona mezz’ora, e per una volta tutte le montagne che abbiamo davanti non hanno un nome, è solo pura leggerezza in questo mare ondulato e mai increspato. Prima delle foto di rito in vetta ci studiamo le linee più agili ma anche più belle per avvicinarci al Miletto, non ci interessano i sentieri ben marcati che attraversano la valle, preferiamo non perdere troppa quota e decidiamo di percorrere la dorsale che risaliva di fronte, scoprirò dopo che si tratta del monte Crocetta (1735m). Prendiamo a scendere per il primo tratto sulla via dell’andata, traversiamo in diagonale il fianco della montagna e a salti raggiungiamo i piccoli altopiani centrali formati da doline più o meno ampie, attraversiamo letteralmente la montagna fino ad una sella, a sinistra una ampissima piatta e verde dolina con un piccolo laghetto all’estremità Sud, a destra la valle con una evidente traccia di sentiero che scende verso Campitello ma che tendendo a sinistra si perde sotto il Miletto; risaliamo la dorsale che sta davanti a noi, da sopra sembrava poco il dislivello da risalire ma almeno un centocinquanta metri li abbiamo persi. La crestina è un autentico giardino roccioso e non ci pesa affatto salirla, coloratissime fioriture (orchidee, viole, nontiscordardime, genziane, margherite, alissi e chissà cosa altro) distraevano ad ogni passo e fornivano momenti esaltanti per delle belle fotografie da portarsi a casa. Una volta in cima i panorami si aprivano di nuovo sul lago del Matese, ora decisamente vicino a sotto di noi quasi a picco, sul Gallinola appena sceso, su Campitello Matese ed ovviamente sul Miletto, ormai costantemente davanti a noi e nel mirino come prossimo obiettivo, le fioriture non smettevano di intensità ed era difficile non calpestarle. L’orizzonte ad Ovest è confuso nella caligine del primo pomeriggio ma si intuisce il mar Tirreno e si distinguono le sagome del Vesuvio e di due isole che dovrebbero essere Ischia e Capri. Tocchiamo tra vari sali e scendi il monte Crocetta (+2,05 ore) e si prende di nuovo in discesa, seguendo quasi integralmente la linea di cresta. Una profonda sella ci distoglie dal riprendere la salita, il Miletto ci è davanti e sopra, siamo dubbiosi nel scegliere la linea per attaccarlo, due le opzioni, continuare per la dorsale laterale proseguimento di quella appena percorsa oppure continuare a scendere per intercettare la linea che sale ai primi impianti e da li prendere la così detta via normale per la vetta. La giornata è stata un continuo di decisioni prese sul momento ed anche quella che dovevamo prendere è venuta un po' per caso tanto che ci siamo trovati su una terza linea di salita affatto opzionata. Traversiamo perdendo meno quota possibile fino a raggiungere il fosso che scorre alle pendici del Miletto, invece che raggiungerlo e superarlo perdendo ulteriormente quota per riprenderla poi sul versante opposto ci lasciamo attrarre da un sentiero che segue il profilo del fosso stesso e si inoltra lentamente e con poca pendenza dentro una valle quasi nascosta, un passo dopo l’altro si apre un ambiente vasto e bellissimo, una valle verde e ampia, un alpeggio quasi dolomitico non fossero le linee morbide intorno, sale lenta fino a chiudersi morbida su una sella dove sembra confluire la linea dello spigolo del Miletto che scende ad Ovest; ma è la croce del Miletto già ben visibile a chiamare più forte, lentamente ci scostiamo sulla destra e riprendiamo come sul Gallinola a scegliere delle linee tutte nostre, ci sono 600m da salire tutti d’un fiato, stiamo bene e non ci badiamo. Traversiamo costantemente in salita, puntiamo prima un gruppo di alberi, poi una sella, saliamo veloci, ci infiliamo sul lato destro di un fosso che più in alto è ingombro di neve, lo attraversiamo e affrontiamo con le mani delle facili roccette fin sopra uno sperone, un muro di neve impedisce di continuare a salire diretti, tocca aggirarlo e nel farlo scorgiamo a qualche centinaio di metri sulla destra i tetti della stazione sommitale degli impianti di risalita, come se non vedessimo il fondo valle molto lontano ci rendiamo conto che abbiamo fatto un gran salto e che la vetta si è davvero avvicinata. Superiamo un muro di roccette che usiamo per ripararci dal vento e tirare per un attimo il fiato, ora l’ampio spigolo che sale ripido fino alla croce è completamente scoperto, rimangono forse da salire meno di duecento metri ma siamo stanchi e sicuramente ci rendiamo conto che sarà il tratto più duro, la pendenza aumenta gradualmente fino ad inerpicarsi decisa; sappiamo che come al solito in questi momenti non ci sono scelte, che è solo questione di mettere un passo davanti all’altro, non ci scoraggiamo a prendiamo a salire ma il ritmo inevitabilmente inizia presto a scendere e le riserve di ossigeno nei polmoni a scarseggiare, ci ripetiamo che manca poco, aumentiamo le soste e per fortuna per distrarci ci sono i panorami che si aprono intorno; Marina sembra sospesa nel vuoto ed ha il lago del Matese come sfondo, momenti suggestivi che alzano il morale. Ma è solo quando da una roccia spunta il braccio della croce che sentiamo ritornare le forze, si sente la pendenza che inizia a diminuire ad ogni passo e finalmente raggiungiamo la cima più alta delle montagne del Matese e del Molise (+2,15ore). Fantastico averlo raggiunto in accoppiata col Gallinola. Complice la stanchezza ma anche un meraviglioso pomeriggio dalla luce calda e affascinante ci attendeva una lunga sosta sotto la croce, una delle più belle e lunghe di sempre; le postazioni in vetta ci hanno accolto e riparato dal vento, i panorami con tutto il percorso della giornata ben leggibile si sono spalancati senza più ostacoli, ci siamo sentiti improvvisamente leggeri e in pace, ogni stanchezza spariva istante dopo istante, ricordo le raffiche di vento che ci fischiavano sopra la testa e che non ci infastidivano affatto. Abbiamo avuto modo di studiarci tutto il giro della giornata di rivedere ogni linea di salita ed insieme rivivere ogni istante, ogni immagine che ha arricchito la giornata; credo rimarrà un momento indelebile nella nostra memoria. Ci rendiamo conto che la sosta si stava allungando troppo dai colori della luce, toccava riprendere la discesa, stavolta per la via normale però, senza più divagazioni e invenzioni dell’ultimo momento, la giornata e la montagna ci avevano dato tutto quello che era possibile ricevere; un ultimo sguardo alla vetta e dobbiamo subito risolvere un piccolo problema, aggirare la lingua di neve che quasi raggiungeva la sommità e che impediva di scendere lungo il sentiero che conduce diretto alla stazione a monte degli impianti sciistici. Raggiungiamo e bordeggiamo per un breve tratto la conca glaciale del Miletto, quella scenografica parete misto roccia e detriti che fa bella mostra da Campitello; perdiamo quota tra roccette e praterie e in un tratto meno ripido attraversiamo il nevaio fino a raggiungere la stazione alta degli impianti sciistici. Non cerchiamo nemmeno la strada di servizio che bordeggiando alta sulla valle conduce a “casa”, seguiamo più o meno la linea dei piloni degli impianti e dove la pendenza diminuisce di nuovo comodamente seguiamo le poche lingue di neve rimaste, sembra poco ma camminare sulla neve molle e fresca è un’autentica goduria per i piedi stanchi. La discesa è stata veloce, poco più di un’ora dalla vetta ma ne sono passate 2,30 da quando ci siamo arrivati, segno che la sosta è stata davvero lunghissima. Quella che doveva essere una passeggiata sulle montagne del Matese ci ha fatto superare più di 1500m di dislivello; anche se il percorso è intuibile e completamente a vista è anche davvero molto difficile da valutare, i tantissimi sali e scendi che si è costretti a superare per tutta la giornata sono difficili da quantizzare e alla fine ammucchiano centinaia di metri nelle gambe; quelle del Matese sono montagne intuitive, facili, rocciose e piene di doline, sono forse il naturale prolungamento delle non lontane Mainarde. Con un po' di gamba allenata consiglio a tutti questo anello, è pieno di silenzio e solitudine, è pieno di colori delle fioriture e di ampi orizzonti, le linee sono scontate, qualche sentiero è tracciato ma, almeno che io sappia, non ci sono carte in giro del territorio. Quello che consiglio è in ogni caso di dotarsi di traccia GPS o di scegliere una buona giornata di condizioni meteo, non siamo sulle Alpi, le montagne sono davvero facili ma il profilo confuso pieno di piccole valli e tante doline potrebbe diventare un problemino rognoso da risolvere in caso di nuvole basse o nebbia. La trasferta molisana non è termina qui, in serata ci siamo rifatti e ripresi con una gustosissima e meritata cena all’agriturismo dove eravamo alloggiati e soprattutto, il giorno dopo abbiamo approfittato della vicinanza per visitare gli scavi della città di Saepinum, un autentico gioiello a cielo aperto, testimonianza incredibile dei momenti di vita in questi posti dall’epoca romana a quella tardo medioevale.